“Su istanza del debitore o anche di ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti di cui all’articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento” (art.496 c.p.c.)
L’art. 496 c.p.c. introduce un istituto di grande rilievo: il debitore ha la possibilità di limitare l’espropriazione con l’istanza di riduzione del pignoramento.
Tale istanza deve avere la forma dell’opposizione, che si presenta con ricorso in cancelleria o con semplice dichiarazione in udienza. Tuttavia questo tipo di opposizione non apre alcuna parentesi cognitiva e si conclude con un provvedimento che ha la forma dell’ordinanza, la quale – sebbene dichiarata non impugnabile dall’art. 483 cpc – può essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi.
Non va confusa con le opposizioni ex artt. 615 e 617, poiché non pone in contestazione il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, ovvero la pignorabilità dei beni (art. 615 c.p.c.), né con l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.: è per tale ragione che la riduzione del pignoramento viene considerata, per il debitore, una “misura speciale di salvaguardia” al pari della conversione del pignoramento descritta dall’art. 495 c.p.c. (Cass. Civ. 12618/1999).
La riduzione può essere disposta nel caso in cui l’entità dei beni pignorati sia eccessiva rispetto a quanto complessivamente dovuto al creditore: il debitore ha diritto a subire una giusta esecuzione, senza che i suoi beni siano vincolati oltre misura. Deve essere proporzionata al soddisfacimento del creditore.
Tuttavia, affinché si possa disporre la riduzione è necessario non soltanto che il valore dei beni pignorati sia superiore all’importo delle spese e dei crediti del creditore procedente e di quelli eventualmente intervenuti, ma anche che i beni pignorati siano più di due, oppure, nel caso di un solo bene, che esso sia divisibile.
Il creditore pignorante è legittimato ad espropriare più di quanto sarebbe necessario per soddisfare il suo credito e il giudice, cui sia richiesta la riduzione del pignoramento, deve tener conto di questa eventualità nell’esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 496 c.p.c., senza che possa ritenersi sussistente l’illegittimità del procedimento, per il solo fatto del pignoramento di beni immobili in eccesso. (Sul punto: Tribunale Ancona sez. II, 24/06/2014, n. 1128; Tribunale di Napoli Nord, 22 luglio 2022; Tribunale di Palermo, Sentenza n. 1321/2023 del 20/03/2023).
L’istanza di riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c. potrà essere richiesta in ogni momento, non prevede il pagamento del contributo unificato né di altri costi aggiuntivi.
L’unica preclusione, per ovvie ragioni, è rappresentata dalla vendita del bene di cui si richiede l’esclusione. Difatti, per risalente ma consolidata giurisprudenza, a differenza del limite temporale previsto per la conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c., per la riduzione si deve rifiutare l’ipotesi “dell’esistenza di un qualsivoglia limite temporale alla possibilità di richiedere e di disporre la riduzione del pignoramento” (Cass. Civ. 12618/1999).
Per chiedere la riduzione del pignoramento occorre depositare un’istanza al G.E ai sensi dell’art. 496 c.p.c. contenente la richiesta di escludere uno o più degli immobili o mobili pignorati o tra quelli oggetto di pignoramento.
L’istanza per poter essere accolta dovrà essere adeguatamente documentata: il debitore dovrà dimostrare la sussistenza dell’eccessività del pignoramento subito e fornire prova del fatto che “il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti” per cui si procede.
Depositata l’istanza, il G.E. fisserà un’udienza alla presenza del debitore, del creditore procedente e degli eventuali creditori intervenuti.
La necessaria audizione dei creditori è funzionale affinché, questi ultimi, possano replicare alla richiesta di riduzione. Del resto, sottrarre un bene destinato alla successiva vendita comporterà un minor ricavato per la procedura e per i creditori stessi.
Al termine del procedimento, il Giudice decide con ordinanza con la quale dispone la riduzione o rigetta l’istanza
Avverso l’ordinanza che nega o dispone la riduzione del pignoramento è esperibile, come si diceva, l’opposizione agli atti esecutivi nel termine di 20 giorni dalla sua pronuncia o comunicazione. Con l’opposizione agli atti esecutivi la parte interessata (il creditore nel caso dell’accoglimento dell’istanza di riduzione, il debitore nel caso di suo diniego) potrà dolersi della decisione del giudice chiedendo una sua più favorevole riforma.
Orbene, alla luce di quanto esposto, la pendenza di un processo di esecuzione forzata, iniziato con pignoramento di individuati beni di un certo tipo – mobili, crediti o immobili – appartenenti al debitore, non osta che vengano sottoposti a pignoramento altri beni dello stesso tipo, per la soddisfazione coattiva del medesimo credito, oppure che i beni staggiti possano subire una riduzione a seguito dell’istanza del debitore accolta dal Giudice, dimostrata l’eccessività del pignoramento.